Spresiano – La Via di San Martino raccontata da Laura Panizutti - Il Patrocinio del Comune di Spresiano
Siamo all'Osteria Beltrame, in quel di Spresiano, per uno degli incontri del Percorso Internazionale Aquositas,le Vie d'Acqua.
Si ricorda, per i Percorsi della fede, la Via di San Martino.
"San Martino di Tours è uno dei santi cristiani più noti e riconoscibili – commenta Laura Panizutti, consulente finanziario e patrimoniale -,e viene venerato dal IV secolo. Era il vescovo di Tours, e il suo santuario in Gallia/Francia era la meta di un pellegrinaggio importante nell’alto medioevo quanto quello a Roma, prima di diventare un famoso punto di sosta per i pellegrini diretti verso Compostela. Per tutta la sua vita il santo ha sempre viaggiato in Europa, lasciando un’impronta significativa nella nostra memoria collettiva. La Via Sancti Martini collega varie città europee importanti per la vita di San Martino e altre caratterizzate dal patrimonio architettonico legato al suo culto, con migliaia di monumenti dedicati al santo, ivi comprese quattordici cattedrali! Questi siti vantano anche un patrimonio immateriale che sopravvive sotto forma di leggende, tradizioni e folklore. "
La serata, che si svolge nel quadro del progetto L'Europa delle scienze e della cultura patrocinato
dalla IAI-Iniziativa adriatico ionica, gode anche del Patrocinio del Comune di Spresiano.
Annota lo storico Pierangelo Passolunghi :
"S. Maria del Piave, antico ospedale sorto presso un'importante zona di guadi sul medio corso del fiume.
Inizialmente si trattò di una chiesa con funzioni ospedaliere affidata ad una
comunità di cui non si conosce la regola professata. Nato o rinato attorno al
Mille nel fervore della ripresa religiosa e commerciale,fra i suoi compiti c'era
l'ospitalità a viandanti,pellegrini e mercanti che guadavano il Piave.
Sorto all' incrocio tra le vie ungarica e alemanna presso un boschetto di pioppi in località (appunto) Talpon non distante da Mareno, l'ospedale aveva accresciuto la propria importanza all'epoca delle Crociate allorché si era trovato sul percorso via terra per la Palestina. Nel 1120 i conti di Treviso, di Colfosco, di Ceneda ed i signori da Montaner ne avevano congiuntamente fatto oggetto di importanti donazioni e ben presto, a garantirne la protezione dagli appetiti degli ordini militari che ne avevano tentato il rilevamento, erano arrivate le bolle di protezione papale. Fra le chiese dipendenti per lo più dislocate lungo il Piave che papa Lucio III nel 1177 aveva posto nel patrocinioapostolico, ne figuravano pure alcune presso il Livenza: si trattava in quest'ultimo caso delle cappelle di Santo Stefano di Meschio (Pinidello) e San Gottardo di Cordignano.
Poichè agl'inizi del Duecento, l'ospedale risultava in piena decadenza spirituale
e materiale, nella primavera del 1229 papa Gregorio ne aveva disposto la
riforma, affidandolo al controllo dell'abate di Follina. L'arrivo di monaci del non
distante monastero della pedemontana produsse gli effetti desiderati, inducendo
quelli che vi vivevano già ad accettare la regola cistercense tanto che ben presto
la casa plavense potè riprendersi.
La perdita d'importanza rispetto ai flussi verso la Terra Santa del secolo
precedente e i distruttivi passaggi d'eserciti dovuti alle continue guerre che tra
Due e Trecento coinvolsero la Marca gravando sui guadi, finirono però col farsi
ben presto sentire in forma negativa. I maggiori danni venne però ad arrecarli il
Piave con le sue piene distruttive: nel 1368 un' onda del fiume più violenta del solito completamente circondò l'area ove sorgevano le fabbriche, riducendolo ad isola.
Sorto in diocesi di Ceneda sulla sponda sinistra, il monastero si trovò così in
mezzo al guado, tanto che finì col venir indicato appartenere ora alla diocesi di
Ceneda, ora a quella di Treviso. Colpito da ulteriori inondazioni, ed ormai in
piena crisi vocazionale, a metà Quattrocento subì una pesantissima distruzione
che lo abbattè dalle fondamenta. Il commendatario Venceslao da Porcia ne
ricercò nel 1459 pronta riedificazione presso la più sicura riva destra a
Lovadina, ma essendo le nuove fabbriche rimaste vuote per mancanza di
monaci, a fine secolo il suo beneficio economico venne unito alle monache di S.
Maria degli Angeli di Murano."
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